Altrove


2005, fotografia analogica b-n, 99 foto, stampa digitale, tiratura 1/5

Il tempo si dilata con le sue stagioni, attraverso il vestiario delle persone e la luce di una scena immobile, i passanti si moltiplicano o scompaiono, le vite coesistono o si ignorano; ma tutte rivolgono lo sguardo verso lo stesso punto, affacciate a una ringhiera imperturbabile.

Nota: risultato di quotidiani appostamenti al belvedere di Acicastello (CT), durati circa 6 mesi (da gennaio a giugno del 2005), “Altrove” è composto da 99 immagini, scattate con mirino a pozzetto e sempre dallo stesso punto di vista, sono tutte rivolte ai passanti che si soffermano a guardare oltre la ringhiera della terrazza, a strapiombo sul mare. La varietà degli individui, colti in situazioni e atteggiamenti differenti, come ignari elementi compositivi di una scena, è uniformata dal loro sguardo (intuibilmente) rivolto comunque "altrove". Tutte le fotografie che compongono "Altrove" sono presenti nel video omonimo (vedi sezione "video" del sito).

Martina Corgnati, testo in catalogo “I sensi del Mediterraneo”, Milano, 2011:
Roberta Baldaro non mostra il mare ma i corpi delle persone affacciate lungo una balconata da cui possono contemplarlo. La macchina fotografica, posta alle loro spalle, rimane sempre fissa sulla stessa inquadratura, abitata un giorno dopo l’altro da varie comparse che, con i loro abiti, pose, atteggiamenti, suggeriscono il tempo che scorre, il passaggio regolare delle stagioni. Il mare, lo sguardo è però sempre altrove, come dice il titolo dell’opera, perso in un invisibile lontananza, oltre la quale possiamo intuire l’altra sponda, un “senso” che ci resta sconosciuto.

Viviana Gravano, testo critico, Catania 2008:
(...) In "Altrove" Roberta Baldaro mostra decine di persone che, affacciate a una balaustra, guardano sempre uno stesso punto, un altrove che non è nulla, verso il mare. Ma quello sguardo “verso” è il vero soggetto dell’opera. Non è importante chi o come, ma “verso dove”. L’immagine proiettata, in uno slide show evanescente, continua a parlare di un’icona superficiale, di una pellicola bianco e nero proiettata su una superficie che però allude, evoca, uno sguardo al di là. Non conta più cosa guardano tutti, ma il fatto che, in mesi di osservazione, tutti siano andati in quel luogo a guardare. Luigi Ghiri commentando la sua passione per il fotografare figure di spalle che a loro volta guardano qualcosa davanti a loro scrive: “Da un lato non mi piace essere lo scrutatore occulto per carpire segni di vita, né tanto meno mi piace essere un implacabile e inflessibile occhio, che guarda direttamente in faccia, e che inevitabilmente fotografando giudica”. L’idea che la fotografia sia una forma di giudizio è un’altra componente che questi lavori in mostra discutono con veemenza. Non c’è nessuna cronaca, nessuna catalogazione, nessun compiacimento tassonomico, nella lunga sequenza di persone affacciate alla balaustra di Acicastello di Roberta. Non si prova a “raccontare” quell’affaccio come un collage di episodi. Ciascun frame è un identificarsi, un guardare insieme a, una condivisione di una doppia visione, sovrapposta, coincidente e strabica: qualcuno guarda “verso” e Roberta, da dietro, vede al contempo verso qualcuno e verso quel suo “verso”. L’immagine non dice ma guarda. Il suono, la comparsa e la scomparsa di vaghi fantasmi, le dissolvenze che cambiano ritmo, tolgono quel poco di “verità” cronachistica, episodica, a quell’osservare che, a loop, potrebbe essere infinito. Non ci si chiede di vedere dall’inizio, perché non c’è un tempo dell’inizio e un tempo della fine, perché quel punto di vista c’è prima e dopo la foto, così come c’è stato e così come a lungo ci sarà, quindi l’immagine non fissa un’irripetibile, ma accompagna un possibile, condivide, per un breve tratto un evento che è ben fiero del suo essere di temporaneo. (...)

Emanuela Nicoletti, articolo “Arte e Critica”, Roma, 2006:
Roberta Baldaro si osserva. Si ispeziona attentamente. La sua ricerca “Anancasmo”, sinonimo di ossessione, assume i tratti del diario psichico. L’attenzione riservata a se stessa si proietta poi all’esterno. Per “Altrove”, Baldaro, sceglie un luogo, registra ogni giorno, per mesi, i comportamenti di persone, animali, cose, luce, vento, acqua, stagioni. Pone infine in rassegna i risultati di queste messe a punto: veri identikit personali, una dopo l’altra senza soluzione di continuità le foto b/n di piccolo formato, la prima serie; di grande formato, la seconda.