Circostanze naturali
2018/19, fotografia digitale, stampa su carta, disegno a matita, 13 fotodisegni (work in progress), cm 32x21,5, tiratura 1/1 - collezione privata 1 esemplare
"Dopotutto, il mondo è intorno a me, non di fronte a me". Maurice Merleau-Ponty
Esistono condizioni particolari perché un fenomeno accada, perché un fatto avvenga. Bastano poche accortezze a determinare
un ambiente conciliante, favorevole alla ricerca e alla creazione. Immagini, scarabocchi, appunti, feticci d’ogni sorta,
cose intorno a me che, senza un’apparente relazione tra loro, disegnano costellazioni significanti e tracciano un territorio
di “marcature affettive ” (come suggerisce Lingiardi1), delineano uno spazio che stimola concentrazione e creazione.
“Circostanze naturali” ritrae ambienti privati, oggetti, dentro case vissute da persone dedite allo studio e all’insegnamento,
accomunate da spirito filantropico e per le quali l’atto creativo è frutto di costanza e metodologia.
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Viviana Gravano
dal testo per la residenza e la mostra “Circostanze naturali”Rad’Art, Mercato Saraceno (FC), 2019
“(…) Nel lavoro di Roberta Baldaro (…) non esiste un “originale padrone” del quale si fa una copia, ma riproduce immaginando,
costruisce ambienti visivi nei quali quel che è e quel che potrebbe essere si affiancano, si scambiano di luogo, ammiccano l’un
l’altro senza gerarchie, senza prevaricazioni. Che si tratti di paesaggi esterni o di paesaggi interiori, intimi, chiusi tra le
quattro mura di una casa o di uno studio, sempre quel che appare è una felice contaminazione tra un reale che si giustifica come
tale in quanto fotografato, e una interferenza che propone oggetti “simili” a quel reale, che si prendono le loro libertà essendo
disegnati, e quindi “menzogneri” per definizione.
L’intento del lavoro di Roberta non mi sembra che sia riflettere sulla dimensione del surreale, come era evidentemente per Magritte,
ma condivide con lui la capacità di “normalizzare” una realtà che vive solo sulla carta, non allo scopo di ratificare una sua
esistenza possibile, ma allo scopo di confermare che ciascuna realtà non è che una forma di immaginazione.
La tecnica di lavoro di Roberta richiede due tempi distinti, persino vertiginosamente opposti: uno scatto, che seppure pensato
e studiato nel suo compiersi è fulmineo, e un lento e paziente disegnare. Sia l’una che l’altra azione costruiscono un reale
finzionale: l’uno ritagliando, l’altro dando forma. Ma entrambi ci interrogano potentemente su quello spazio in between che
confonde l’esistente con il probabile. Un primo sguardo ci costringe a un imbarazzante dubbio, che poi si dipana mostrandoci
cosa è stato “aggiunto” dopo. (...) Lei stessa in un suo testo di auto-presentazione parla di immagini eccedenti che non raccontano
quello che la fotografia aveva tagliato fuori, in una sorta di umanistica necessità di perfezione e completamento, ma al contrario
parlano di un “inciampo dello sguardo”, e di “ipotesi” che si compiono solo in multiformi e mutanti possibilità aperte dallo
spettatore. Quell’infra-ordinario non è il solo spazio fotodisegnato da Roberta ma è la libertà di immaginazione che questo lascia
a chi guarda (…)”.